Venerdì 17 gennaio 2025, nell’Aula Magna “Nunzio Sciavarrello” dell’Accademia delle Belle Arti di Catania (via Raimondo Franchetti, 5), si tiene la presentazione del catalogo ragionato (Skira) dell’opera di Alberto Abate (Roma, 1946-2012), protagonista tra i più emblematici e misteriosi del primo ritorno alla pittura degli anni Ottanta del secolo scorso.
Partecipano alla serata, Emma Abate, figlia dell’artista, direttrice dell’Archivio Alberto Abate e curatrice del libro, Cesare Biasini Selvaggi, curatore del libro, Marcello Panascia, critico d’arte, Lina Scalisi, presidente dell’Accademia delle Belle Arti di Catania, Gianni Latino, direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Catania e Laura Ragusa, professoressa di Stile, Storia dell’arte e del costume all’Accademia delle Belle Arti di Catania.
La pubblicazione, dal titolo Alberto Abate. Opere 1960-2011, ordinata cronologicamente e comprendente le diversificate tipologie di cicli che si riscontrano entro l’amplissima attività creativa dell’artista, costituisce un nuovo punto di vista privilegiato per percorrere, a tutto tondo, l’intero sviluppo della sua carriera. Frutto di un capillare lavoro di catalogazione, archiviazione e documentazione di autenticità dell’Archivio Alberto Abate, la pubblicazione è il primo percorso esaustivo del corpus del pittore e presenta la prefazione e una nota introduttiva di Emma Abate e un ampio saggio di Cesare Biasini Selvaggi.
Completamente illustrato e introdotto da un’intervista di Linda Kaiser all’artista, il volume accoglie la più ampia selezione delle opere di Alberto Abate realizzate tra gli anni Sessanta e il 2012, tra dipinti e disegni, sculture, opere grafiche, collage e design. La raccolta delle opere è accompagnata da un’antologia di testi e da una biografia di Abate.
Alberto Abate appartiene quella schiera di temerari controcorrente che, ispirati da storici come Maurizio Calvesi e Italo Mussa, rifuggivano dalle esperienze delle avanguardie dell’epoca, considerate colpevoli di essersi chiuse nelle loro ripetitività. Nelle sue figurazioni, che seguirono presto un percorso autonomo e indipendente rispetto a quello degli altri “Anacronisti”, emergono e si intrecciano due vocazioni: da un lato quella del pittore colto e, dall’altro, quella del teorico di estetica.