Dal 3 maggio al 30 giugno 2024, il Castel Baradello a Como, antica torre di origine medievale edificata da Federico Barbarossa, che domina la città e il primo bacino del Lario, ospita la personale di Lorenza Morandotti, dal titolo Cosmos’ Flags.
L’esposizione documenta la nascita e lo sviluppo di una performance diffusa nel tempo e nello spazio, che consiste nel viaggio di una bandiera, portata dal suo alfiere, ovvero la stessa Lorenza Morandotti, fotografata mentre sventola in particolari siti, selezionati dall’artista milanese secondo un criterio d’importanza storica, culturale, sociale.
Le bandiere, che nascono come evoluzione della serie di acquarelli Infiniti infiniti, sono realizzate in un tessuto finissimo per poter essere attraversate dallo sguardo, e presentano un archetipo universale, che accompagna l’uomo fin dalla preistoria: un cerchio dipinto con pigmenti, i cui colori sfumano verso l’interno, lasciando al centro un vuoto luminoso. A differenza dei vessilli ufficiali degli stati che mirano a marchiare il territorio e a indicare il suo possesso a un determinato gruppo etnico o politico, quelli di Lorenza Morandotti trasmettono l’idea di un’appartenenza al genere umano, senza distinzione di razza, nazionalità e classe sociale.
“Elemento centrale dell’opera di Lorenza Morandotti è nello stesso tempo il nulla e il tutto. – dichiara Luigi Cavadini, curatore della mostra – Il nulla di un punto e il tutto del cosmo. Il nulla del punto che poi può coincidere con il tutto del vuoto, un tutto che basta che si popoli di tanti punti per costituire il cosmo. È, questa mia, una lettura in apparenza banale, ma che trova nei suoi lavori delle corrispondenze esperienziali perfette. Il punto visto come un’origine fisica, che può essere un granello di sabbia, un ombelico, una coppella, e il cosmo che è luogo in cui contenere l’espansione del punto. Non per nulla l’artista sottolinea nelle sue riflessioni il proprio “bisogno di allargamento dei confini di pensiero”. Oltre un pensiero minimo verso un pensiero universale. E si capiscono così da una parte i suoi Punti essenziali, opere elementari ma fondanti, e dall’altra le Cosmos‘ flags, bandiere per il mondo (e, perché no?, per il cosmo) in cui da un punto centrale si espandono cerchi concentrici di colore a invadere il tutto.”
“La mia bandiera – afferma Lorenza Morandotti – è anche un’antibandiera, perché non vuole dire questo luogo è mio, quanto io sono qui in questo luogo, ho la mia identità, ho la mia nazionalità, ho la mia storia personale, individuale ma nella mia piccolezza so di essere parte di qualcosa di molto più grande…Le bandiere storicamente sono simbolo di appartenenza, in pace e in guerra. Le mie Cosmos’ Flags sono simbolo di un’appartenenza allargata che ci accomuna nella ricerca dell’essenziale. Fare proprio questo punto di vista può essere utile per gestire i confini del pensiero, da un’ottica di predominio, alla tutela condivisa. Tema sempre attuale”.
La storia di Cosmos’ flags prende avvio nel 2019 nell’isola greca di Creta, durante l’allestimento dell’installazione site-specific Ombelichi e Cosmi che prevedeva oltre a una serie di Ombelichi, ovvero piccole sculture in argilla dalla forma rotonda, anche otto Cosmos’ Flags. Da quella esperienza è nata l’idea di creare una performance, selezionando dapprima i luoghi dove portare il suo messaggio, rendendo omaggio a chi ha lasciato testimonianze positive del suo passaggio. Le bandiere, inizialmente pensate con otto temi diversi (ne sono previsti più degli stati del mondo, tutti diversi gli uni dagli altri), hanno quindi iniziato a viaggiare e a essere fotografate, a volte con l’ausilio di professionisti, a volte grazie all’aiuto di compagni di viaggio o di amici incontrati casualmente, a volte in autonomia con il proprio smartphone.
In questo suo muoversi tra i vari siti si è instaurata con le persone una profonda empatia che è diventata parte integrante dell’azione e volàno del messaggio che queste bandiere vogliono trasmettere.
Il percorso espositivo si compone di una selezione di Cosmos’ flags, oltre a fotografie e video che fanno rivivere la performance così come si è svolta nelle varie nazioni. Lungo la salita all’interno della torre che porterà sulla sommità del Castel Baradello, sul cui pennone svetterà una enorme bandiera, s’incontrano alcuni esempi della sua ricerca sviluppata negli ultimi due decenni e che figurano come segnali anticipatori delle Cosmos’ flags; dalle Anime, figure sottili in porcellana, quasi fantasmi, che nascono per caso ma che diventano strumento di narrazione, alle opere tridimensionali dove l’autrice si sofferma sulla materia, sia essa ‘terra’, come nel caso di Omaggio alla Terra, una ciotola di argilla pronta ad accogliere una offerta, sia essa ‘sasso’, come nelle Transformazioni dove dalla pesante pietra di fiume nasce un velo di porcellana che si libra nel cielo, sia ancora ‘sabbia’, come nelle due opere in piena consonanza con l’ambito territoriale del Baradello; entrambe, infatti, si compongono con le sabbie reperite in loco: quelle cioè della Materia oscura nella vecchia Cava di Camerlata e quelle dell’Impronta, che lega la materia oscura del cosmo alla luce della vita ben marcata da un’impronta umana, sul fondo di una coppella esistente sulle rocce situate sotto il castello.
Non potevano inoltre mancare alcuni acquerelli della serie Infiniti infiniti che hanno la facoltà di risucchiare in un gorgo luminoso chi le osserva e allo stesso tempo il potere di liberarlo nello spazio infinito.
L’opportunità di essere invitata nel Castel Baradello a Como si riferisce alla storia personale e artistica di Lorenza Morandotti. Como ha infatti ospitato nel 1982 la sua prima mostra, fresca di diploma all’Accademia di Brera, che presentava alcune fotografie proprio del Baradello – esposte anche in questa occasione -, sulle quali aveva lavorato in camera oscura, sovraimponendo immagini che si rifacevano al linguaggio di artisti quali Christo, de Chirico, Magritte, Mondrian. Oltre a questo suo primo lavoro, saranno esposti i bronzi Vuoto al centro e Graal, sculture nate dal calco di una coppella neolitica scavata in un masso erratico incontrato in Valle Intelvi, tracce di cui è ricco anche il Parco Spina Verde dove sorge il Castel Baradello. L’emozione per il casuale incontro con quel piccolo vuoto intenzionale ha dato una svolta alla sua ricerca arrivata ora alle Cosmos’ Flags.
L’ambiente naturale in cui si trova la torre offre inoltre a Lorenza Morandotti l’opportunità di affidare al vento, come le bandiere di preghiera tibetane, il messaggio di cui sono portatrici. I bordi sono volutamente lasciati senza finitura, perché sfilacciandosi sotto l’azione degli agenti atmosferici, ricordano la finitezza dell’uomo.
“Percepire dentro di sé – dichiara Lorenza Morandotti – l’allargamento dei confini di pensiero e di appartenza a qualcosa di più grande, partendo dall’infinitamente piccolo della nostra individualità (ombelico) all’immensità degli universi (cosmo), oltre a un certo smarrimento, può regalarci la responsabilità di dirigere al meglio le nostre azioni durante la breve vita terrena”.
Note biografiche
Lorenza Morandotti vive e lavora a Milano. Si è diplomata al Liceo Artistico e successivamente all’Accademia di Belle Arti di Brera. Partendo dalla folgorazione con il casuale incontro con l’argilla, ha siglato un rapporto intenso con molte materie, che spesso trova nella natura, sviluppandone i processi generativi, soprattutto in senso metaforico. La pratica della meditazione le ha permesso di approfondire ulteriormente la propria ricerca che abbraccia una spiritualità allargata senza tempo e senza luogo. Coniuga arcaico e contemporaneo in forme semplici e essenziali. Utilizza argille, pietre, sabbie, bronzo, tessuto, vetro e pigmenti. Interagisce con scultura, pittura e mezzi digitali. Si esprime anche con libri d’artista; ha pubblicato due “diari emotivi”, per offrire testimonianza di momenti di insight che l’hanno trasformata.
Del suo lavoro dice: “Guardo le continue trasformazioni delle materie naturali che incontro e le associo a quelle interiori, non tangibili. Contemplando imparo…gli opposti sono sempre in relazione e la realtà fisica per me è una inesauribile fonte di ispirazione. Nel lavoro cerco origini e senso, mi aiuta a collocarmi; persa nella moltitudine mi ritrovo nell’essenzialità dei primi segni lasciati dall’uomo, firme anonime ma intenzionali, testimoni di vita. Con determinazione quasi etica seguo la via di diffondere la forza immensa del “sacro poco” e delle semplicità raggiunte. Le forme semplici mi connettono alla forza degli archetipi che nell’estrema sintesi contengono tutto, uniscono dilatando tempo e spazio. Ho reso il vuoto una presenza percepibile, uno spazio prezioso, a volte misterioso, che spesso sfugge”.