Non esiste in tutto il mondo una chiesa più bella
Benzo d’Alba
Mercoledì 15 luglio 2020, dopo due anni, la Cappella di Sant’Aquilino nella basilica di San Lorenzo Maggiore a Milano torna al suo antico splendore.
Si sono infatti conclusi i restauri della Cappella che, per la sua architettura, le pitture della galleria e i pregevoli mosaici, è la più significativa testimonianza della Milano romana e paleocristiana; in particolare i lavori hanno interessato il risanamento conservativo della struttura, la pulitura dei mosaici e degli affreschi e il nuovo sistema d’illuminazione.
Il restauro, seguito e sostenuto da Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Milano, su progetto e direzione dei lavori dell’architetto Giorgio Ripa, è stato promosso dalla parrocchia di San Lorenzo Maggiore in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Milano, col contributo della Fondazione Cariplo, della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, di Regione Lombardia, di TMC Pubblicità e delle offerte della comunità di San Lorenzo.
La Cappella, già mausoleo imperiale, poi dedicata a San Genesio, prende il nome da Sant’Aquilino, sacerdote e martire dell’XI secolo, il cui corpo si trova nell’urna in cristallo di rocca e argento posta presso l’altare.
Preceduta da un atrio, l’aula di Sant’Aquilino è di forma ottagonale, con nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari, coperta da una volta a ombrello cupoliforme. La costruzione è quella originaria dell’antico mausoleo eretto tra la fine del IV e la prima metà del V secolo dopo Cristo.
L’antico mausoleo, forse voluto, secondo quanto tramandato da fonti medioevali, dalla regina Galla Placidia, figlia dell’Imperatore Teodosio, sorella di Onorio e madre di Valentiniano III, straordinariamente conserva le sue strutture, l’architettura e anche i preziosi lacerti degli apparati decorativi musivi che, insieme ai rivestimenti in marmi e ai vetri colorati, ricoprivano interamente sia le pareti che le volte.
Negli interrati, cui si accede attraverso una scala posta dietro l’altare, si può ammirare la platea di fondazione, formata dai blocchi di recupero, provenienti dal vicino anfiteatro romano, in gran parte smantellato proprio per costruire la grande basilica di San Lorenzo con i suoi sacelli annessi di Sant’Ippolito e di Sant’Aquilino.
Il programma di lavoro, che è stato preceduto da un’attenta analisi dello stato dei luoghi e delle varie criticità, ha visto un preliminare risanamento di alcune porzioni delle coperture e degli intonaci interni di San Lorenzo e della cappella di Sant’Aquilino, mediante la deumidificazione delle murature e l’eliminazione delle cause d’infiltrazione. Si è quindi intervenuti su oltre 1400 mq di superfici intonacate rimuovendo manualmente strati di colore, segni di infiltrazioni, macchie, sporco, depositi, restituendo nuove cromie mediante velature con acqua di calce.
Il fulcro è ruotato attorno al restauro dei mosaici, curato da Claudia Tedeschi. Questi capolavori anticamente impreziosivano le quattro pareti dell’atrio della cappella, raffigurando la Gerusalemme celeste. Le porzioni che si sono conservate hanno tuttavia permesso di ricostruire l’organizzazione dell’intero ciclo musivo, distribuito su due registri, con figure a grandezza naturale dei patriarchi di Israele, degli apostoli e dei martiri, ciascuna inquadrata da pilastri dorati tempestati di gemme.
Nel registro superiore dell’atrio, sopra l’ingresso, sei iscrizioni conservano i nomi degli Apostoli Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Giacomo e Giuda, dei quali restano i piedi e i lembi inferiori delle vesti su fondo aureo.
Nell’aula ottagonale anche le nicchie e la porzione superiore delle pareti erano occupate da un ciclo musivo di cui sopravvivono però solo due scene nei catini delle nicchie semicircolari. L’esame da vicino dei mosaici ha permesso di riconoscere varie mani, come nel catino della nicchia a destra nel quale si distinguono diverse maestranze.
L’intervento ha valorizzato non solo l’intero ciclo musivo, quanto il contesto dell’opera garantendo una nuova fruizione e godimento dell’architettura nella sua totalità.
In parallelo, sono stati riportati alla luce i preziosi affreschi, quasi illeggibili, situati nei due catini absidali posti sotto i mosaici, così come si sono resi visibili sia l’affresco posto alle spalle dell’urna di Sant’Aquilino raffigurante “il ritrovamento delle spoglie del Santo”, sia la cupola con le decorazioni a stucco e le raffigurazioni degli Evangelisti e dei Padri della Chiesa, entrambe del tardo Cinquecento, quasi totalmente coperte da depositi e da efflorescenze.
Anche il portale romano in marmo è stato oggetto di restauro, con la rimozione di patine e resine, conferendo nuova luce e proporzione all’atrio, riaprendo le finestre tamponate, situate nella parte superiore, sulle due pareti del vestibolo.
Il tutto è valorizzato da un nuovo impianto d’illuminazione, per il quale è stato importante il contributo di Artemide, con specifiche tecnologie finalizzate a valorizzare e percepire l’inedito volume architettonico, i mosaici, gli affreschi e gli stucchi.
Il restauro di Sant’Aquilino rappresenta l’avvio di un progetto unitario che interessa l’intera basilica di San Lorenzo Maggiore, uno dei gioielli architettonici e artistici di Milano, che appariva agli autori medievali, fin dall’VIII secolo, come una delle chiese “più belle del mondo”.